I farmaci bifosfonati
I farmaci bifosfonati sono una categoria di farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo. La funzione dei bifosfonati è quella di bloccare la diminuzione della densità ossea promossa dagli osteoclasti (le cellule ossee che contribuiscono a riassorbire l’osso in vista del rimodellamento osseo fisiologico).
I bifosfonati sono largamente utilizzati per il trattamento preventivo e terapeutico di patologie ossee quali l’osteoporosi, l’osteite deformante, le metastasi ossee, il mieloma multiplo e altri disturbi fisici che possono determinare una fragilità ossea nel paziente.
I bifosfonati agiscono accumulandosi prevalentemente nelle sedi in cui è maggiore il rimodellamento osseo, determinando un’inibizione del riassorbimento dell’osso.
Un problema emergente di interesse medico multidisciplinare legato all’uso dei farmaci bifosfonati e che sta avendo una forte risonanza anche in campo odontoiatrico è quello dell’osteonecrosi delle ossa mascellari in particolari circostanze. Le attuali evidenze scientifiche non sostengono in modo chiaro l’esistenza di una correlazione diretta tra l’assunzione di farmaci bifosfonati e la comparsa della patologia. Vi sono però numerosi studi e rapporti epidemiologici che confermano invece l’esistenza di questo rapporto causa-effetto.
L’osteonecrosi mandibolare
L’osteonecrosi mandibolare è una patologia infettiva a carattere progressivo e solo recentemente associata alla terapia con farmaci bifosfonati. Attualmente non è ancora definito il quadro completo dei fattori di rischio che determinano questa patologia.
Relativamente all’uso dei bifosfonati, alcuni dati in letteratura scientifica li indicano come fattori patogenetici primari nell’insorgenza dell’osteonecrosi mandibolare a causa della loro alterata capacità di rimodellamento osseo.
L’osteonecrosi mandibolare è una patologia caratterizzata da due fasi:
- La prima fase è prevalentemente asintomatica e non presenta alterazioni cliniche e radiografiche;
- Nella fase avanzata della malattia il paziente può avvertire una sensazione di intorpidimento e bruciore della bocca.
Lo studio dentistico Motta Jones, Rossi e Associati è in grado di effettuare una diagnosi precoce di osteonecrosi mandibolare da bifosfonati, attraverso un attento esame della mucosa orale e un’indagine radiografica in grado di evidenziare alterazione ossee.
[image url=”/wp-content/uploads/2017/07/osteonecrosi-mandibolare-sezione-ossea-studio-dentistico-milano-centro.jpg” align=”right” shadow=”1″] L’osteonecrosi mandibolare è un disturbo che richiede un attento protocollo di prevenzione e terapeutico.
L’assunzione di bifosfonati è generalmente caratterizzata dalla necessità di un trattamento pluriennale. Probabilmente, è l’eccessiva quantità assunta ed il conseguente accumulo nel tessuto osseo – spesso inevitabile se si vogliono risolvere complicanze scheletriche importanti o ridurre metastasi ossee in pazienti affetti da patologia tumorale – a determinare questo nuovo disturbo.
In realtà, l’incidenza di osteonecrosi mandibolare non è elevata, anche se può variare dall’1,2% a 9,9% e chiaramente queste percentuali dipendono dalla dose di assunzione e dal tempo di trattamento con i farmaci bifosfonati. In genere, i pazienti considerati più a rischio sono quelli che hanno subito trattamenti per la cura delle patologie tumorali e che hanno assunto farmaci bifosfonati.
Quali sono i maggiori fattori di rischio che determinano osteonecrosi mandibolare?
I fattori di rischio legati all’osteonecrosi mandibolare sono:
- Interventi di chirurgia orale (estrazione dentaria, implantologia);
- Traumi del cavo orale;
- La scarsa igiene orale;
- Parodontopatie croniche;
- L’età; generalmente i pazienti colpiti da osteonecrosi mandibolare sono di età superiore ai 40 anni;
- Alcune condizioni fisiologiche, come la menopausa.
- Malattie sistemiche come il diabete, l’obesità, l’insufficienza renale, l’anemia;
- L’assunzione di terapie farmacologiche associate ai bisfosfonati (glucocorticoidi, ciclofosfamide, eritropoietina, ranitidina);
- Il tabagismo.
La diagnosi di osteonecrosi mandibolare
[image url=”/wp-content/uploads/2017/07/osteonecrosi-mandibolare-confronto-osso-sano-osso-malato-studio-dentistico-milano-centro.jpg” align=”left” shadow=”1″] Il paziente affetto da osteonecrosi mandibolare presenta un’esposizione diretta di tessuto osseo non vitale, di colore bianco tendente al giallo, maleodorante e circondato da mucosa infiammata.
Molti dei pazienti che si rivolgono allo studio dentistico associato Motta Jones, Rossi, non hanno particolari sintomi. Un elemento fondamentale per una diagnosi precoce della patologia è sicuramente la sensazione di dolore che il paziente ci riferisce. Spesso, prima di arrivare alla vera e propria necrosi ossea, è possibile identificare sintomi tipici di un’infezione odontogena, tra cui:
- Dolore;
- Edema;
- Ulcerazione delle mucose;
- Mobilità dei denti.
Questi primi sintomi consentono ai medici dentisti che collaborano con il nostro studio odontoiatrico associato, di effettuare una diagnosi precoce.
La fase avanzata di osteonecrosi mandibolare presenta alcune caratteristiche inconfondibili, che in alcuni casi, se non trattate terapeuticamente in modo adeguato, possono contribuire ad aggravare il quadro sintomatologico:
- Osteomielite suppurativa (infezioni e lesioni);
- Fratture ossee;
- Fistole cutanee;
- Fistole orali e nasali.
L’impiego di radiografie, ci consente di effettuare una diagnosi dettagliata dell’osteonecrosi mandibolare. In particolare, in uno stadio avanzato della malattia si ha un aumento di infezione batterica e un incremento dei processi di demineralizzazione locale dell’osso, che causano appunto una condizione di fragilità ossea. Questi aspetti sono facilmente riconoscibili attraverso una radiografia.
I trattamenti terapeutici per la cura dell’osteonecrosi mandibolare
Nel caso in cui le condizioni di salute del paziente lo consentano, presso lo studio dentistico Motta Jones, Rossi e Associati ci occupiamo della gestione dell’osteonecrosi mandibolare attraverso due diverse strategie terapeutiche:
- I pazienti che stanno assumendo bifosfonati da meno di 3 anni e che non presentano fattori di rischio clinici, vengono sottoposti ad interventi di chirurgia orale, parodontale e maxillofacciale;
I pazienti in terapia con bifosfonati da più di 3 anni generalmente praticano una sospensione della terapia per almeno 3 mesi prima di sottoporsi alla chirurgia orale. E se le condizioni di salute generale lo consentono, la sospensione terapeutica da bifosfonati può prolungarsi fino alla completa guarigione ossea.